Macro Testaccio, Roma
18.12.2014 22.3.2015
Sicuramente una mostra su Renato Zero non può prescindere dal fatto che il soggetto centrale sia l’artista, il personaggio, l’uomo.
Questa mostra però non vuole essere un semplice percorso illustrativo e documentario delle tappe della sua carriera ma un viaggio attraverso la storia di un riscatto sociale, di un’evoluzione artistica e del raggiungimento di coscienza e consapevolezza umane.
L’esigenza di raccontare il percorso personale di Renato Zero viene dall’urgenza di comunicare un messaggio forte e preciso, fondamentale per l’esistenza stessa dell’artista: ogni essere umano ha diritto alla propria felicità ed è in grado di svincolarsi da una condizione preordinata, da un copione già scritto da altri, nel momento in cui concede a se stesso di riconoscere e far emergere la propria natura, qualsiasi essa sia.
L’obiettivo della mostra non è quello di celebrare la fama di un personaggio che non ha certo bisogno di altre conferme dal suo vasto e appassionato pubblico, ma quella di trasferire il significato di un’esperienza, lo spessore umano e artistico maturato negli anni.
La mostra vuole essere, oltre che un’esperienza emozionante e condivisa, la rilettura profonda dell’opera di un artista che coincide con la sua vita stessa. Renato Zero infatti si è collocato nella storia superando ogni tipo di barriera pregiudiziale ed elitaria semplicemente raccontando se stesso e fotografando il mondo nelle sue canzoni, risvegliando le coscienze e lanciando spesso ammonizioni sibilline che si sarebbero rivelate azzeccate nel corso del tempo.
Dal punto di vista architettonico-multimediale l’idea ispiratrice che caratterizza il percorso nello spazio della Pelanda di Roma è legata al concetto di DNA, ovvero l’insieme delle informazioni che costituiscono il patrimonio genetico di un essere vivente e, parlando di genere umano, ciò che ci rende allo stesso tempo simili e differenti tra noi.
Il percorso narrativo rappresenta un’ideale trascrizione del codice genetico di Renato Zero, di quel DNA che lo ha reso, per il suo coraggio, il suo cuore e la sua intelligenza, un uomo ostinatamente diverso e allo stesso tempo fratello nostro.
Il fuoco è dunque sull’identità, su ciò che ci sentiamo di essere o che non abbiamo il coraggio di essere, anche di fronte alle imposizioni, al conformismo, alla cecità, all’indifferenza, alla violenza, e infine, alla bellezza.
I documenti filmati e fotografici di Renato Zero, ma soprattutto le sue parole e la sua musica, accompagnano il pubblico attraverso la storia italiana degli ultimi cinquant’anni, disposti come singole parti costitutive di un’unica sequenza.
L’impianto espositivo non segue un rigido tracciato cronologico, anche si ripercorre la vita dell’artista dai suoi esordi a oggi.
La spina dorsale della mostra è costituita invece dai testi delle canzoni di Renato Zero che esplorano la vita giorno dopo giorno e mettono il dito sul cuore, fornendo al pubblico importanti spunti di riflessione.
I documenti di repertorio si alternano e convivono con alcune installazioni video che evocano atmosfere e concetti presenti nei testi del repertorio di Renato Zero.
L’assetto generale della mostra ha l’ambizione di proporre un percorso anticonvenzionale e sorprendente che, come il personaggio, mette in scena
la propria identità, a volte urlata e a volte sussurrata.
La musica e le parole di Renato Zero si alternano ai suoni della vita che scorre in un intreccio continuo, sottolineando la sostanza delle cose.
Ogni sala della mostra rappresenta un passaggio evolutivo sia dell’uomo sia dell’artista, dal superamento degli schemi prefissati dalla società al grande abbraccio ideale con il suo pubblico, gente di ogni età, in un rapporto di vicinanza, di intima condivisione, di gratitudine reciproca.
Progetto a cura di Fabia Molteni, Cinzia Rizzo, Franco Rolle
Photo by: ©Diana Rosioru